19 novembre 2009

Il tessitore-contadino

Riprendendo un discorso intrapreso da Nicola sulla non sostenibilità delle città, vorrei raccontare meglio il sistema produttivo che qualche anno fa rendeva funzionale Prato.

A differenza di molte città industrializzate del nord, a Prato c'era un livello di sostenibilità anche in tempi non lontani, diciamo fino agli anni sessanta e anche settanta, poi gradualmente tutto è cambiato. Era sostenibile perché il tessitore pratese non doveva andare in fabbrica per lavorare, perché il telaio lo teneva sotto casa. Dietro casa aveva il campo perché il tessitore pratese era un contadino smesso come si dice noi, ma noi toscani non ci riesce ad andare a farci comandare dai padroni. La moglie del tessitore dava una mano al telaio quando il marito era nel campo, i figli imparavano il mestiere e facevano i cannelli. Anche i lanifici, da qui il tessitore prendeva il lavoro, erano piccoli e numerosi. Spesso il tessitore non aveva neanche il camioncino perché c'era il "barocciaio" e le tele venivano annodate a mano oppure c'erano i primi "annodini" con la macchinetta.
Adesso, a causa dello "sviluppo" tutto è cambiato. I lanifici che gli è rimasto solo il nome di naturale, si sono internazionalizzati, producendo tante schifezze sintetiche mischiate a fibre naturali, che rendono il tessuto non più riciclabile come lo era un tempo. Ricordiamo che Prato era famosa per i "cenci", si riusciva a fare un tessuto di qualità con materiale riciclato.
Il tessitore- contadino si è estinto, i figli arrancano per andare in pensione, i nipoti si sono indebitati creando piccole tessiture all’avanguardia, che adesso devono smantellare svendendo i telai alla Tunisia o ad atri paesi dove la manodopera non costa nulla.
I cambiamenti sono avvenuti in modo graduale, la tecnologia ha fatto in modo che con la stessa manodopera si potessero mandare più telai e più veloci, così che ci voleva lo stanzone più grande, fatto lo stanzone non andava più bene, perché ci voleva la zona artigianale, fatta la zona artigianale si è detto che la produzione del tessuto non è da paese sviluppato, si deve fare in paesi emergenti, si compra e si rivende per guadagnarci di più.
Di tessitori pratesi ormai ce n'é rimasti pochi, le tessiture hanno operai stranieri, nella zona artigianale ci sono per la maggior parte confezioni cinesi, che spuntano come funghi creando un sistema a circuito chiuso.


Questo video è stato girato nella periferia di Prato, quando ancora il lavoro veniva sostanzialmente fatto sotto casa. Tutti si conoscevano, la gente poteva socializzare e avere momenti di gioco e svago in strada.

9 commenti:

mauri ha detto...

Cominciavo ad essere preoccupato, sai dopo la vendemmia, ho detto vuoi vedere che questo si è chiuso in cantina a meditare con questo bel vinello, bello l'articolo del tessitore-contadino, mi ha riportato a un periodo della mia vita dove ho lavorato in una tessitura, era una piccola azienda con poco più di 80 dipendenti, e ora l'azienda va bene, ha spostato tutto all'estero Romania, Uruguai, ecc. e i dipendenti dello stabilimento in Italia 40 di loro sono stati messi in cassa integrazione per un anno dicendogli che entro questo periodo devono trovarsi un altro lavoro in quanto trascorso l'anno saranno tutti licenziati, alla faccia della globalizzazione.

erbaviola ha detto...

E vicino a Prato, di qua dalla Futa, c'erano le filande. Qui coltivavano lino e allevavano bachi da seta, con la stessa organizzazione familiare. Gran parte dei bozzoli andava alla filanda, con il prezzo concordato insieme nella corporazione e discusso coi padroni delle filande. Poi i carri con i bozzoli o i filati grezzi attraversavano la Futa e arrivavano alle tessiture del mugello, del fiorentino e del pratese. Una piccola parte veniva trattenuta dalle donne che dai bozzoli del lino tiravano fuori lino e linosa per le esigenze di tessuto della famiglia, oltre a occuparsi dell'orto, che qui sempre un mestiere da donna è stato.
Adesso non trovi un campo di lino a pagarlo oro, è più conveniente prendere quello turco o quello americano, lavorarlo in Turchia, o sempre più spesso in Cina, colorarlo con le peggio porcate, risparmiare sulla fissatura e imporre al mondo intero i danni da formaldeide.
Il tutto anche perché noi, proprio noi, i consumatori, vogliamo avere l'armadio traboccante di magliette da 5 euro, quando basterebbe invece averne 3.

Harlock ha detto...

mauri: non ti devi preoccupare, io sono Harlock, il Capitano! non posso deludere i superstiti umani del pianeta terra :))
E' che sto attraversado un periodo di tour de force, perché contemporaneamente alla raccolta delle olive è tornato un po' di lavoro.
Che ruolo avevi nella tessitura?

erbaviola: Il lino tanto per cambiare, adesso è quasi tutto cinese.
Non colpevolizerei troppo i consumatori, noi siamo instigati!!!

erbaviola ha detto...

io invece li colpevolizzo eccome. divento scema a trovare capi che non siano prodotti in cina e abbiano prezzi decenti e tutto perché gli altri, ovvero la maggior parte dei consumatori, vuole avere 20 t-shirt a 5 euro l'una. Se invece ne prendessero 3 a 25 euro, fatte in Italia dall'inizio alla fine, avrebbero un prodotto migliore e un'economia decente :)

Harlock ha detto...

Fino ad adesso non c'è nessun marchio che garantisca il prodotto interamente italiano. Ci si sta lavorando sopra ;)
Si, alla fine è il consumatore che ha la colpa, ma hai mai parlato al consumatore medio? quello che si fa condizionare dalla televisione e che ha i suoi miti e li deve simulare?
I colpevoli sono coloro che dalla loro alta posizione consapevolmente vogliono condizinare e manipolare il popolo per trarre vantaggio e migliorare il loro status sociale.

Renato ha detto...

Capitano!! Qui si fanno le critiche al Capitalismo e alle sue leggi!!
Consumatori di tutto il mondo unitevi??!!
Perchè questa storia vale per decine di altri mestieri, lavori ecc. Noi facciamo gli artigiani e produciamo borse in cuoio, quelle prodotte nei paesi emergenti o poveri o che altro costano un sesto delle nostre....

Ale ha detto...

Ciao Harlock, piacere di conoscerti. Ti ho mandato una mail all'indirizzo del Profilo blog ma mi è tornata indietro.
Scusa l'OT.
Ho visto il tuo blog arrivando da Vogliaditerra.com :) Ho scoperto che siamo piuttosto vicini, io abito da 5 anni a Massa e Cozzile. Hai un indirizzo email a cui poterti contattare? Ciao e complimenti per il blog, Ale

Mauri ha detto...

In ritardo ma ci sono, ruolo?, organizzavo l'acquisto del velo o più volgarmente del pelo della pecora, lavorando su proiezioni di ipotetiche vendite una volta fatto il campionario, poi provvedevo a farlo cardare e filare, portarlo alla tintoria per colorarlo e consegnarlo alla tessitura, e quà finiva il mio lavoro. In due righe la descrizione di un lavoro complesso.

Harlock ha detto...

Benvenuto Ale, il tuo blog è veramente da complimenti :-) non mi ero mai accorto che l'indirizzo era scritto male, adesso dovrebbe funzionare ;-)

Renato: quanta fatica per imparare un mestiere che non serve più a niente!

Mauri: OK grazie :-)